Vol. 4 (2008): «Correrò questo rischio» Sacrificio, sfida, resistenza
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Life sketch of martyred Meena, founding leader of RAWA

Published 2009-04-02

How to Cite

of RAWA, F. (2009). Life sketch of martyred Meena, founding leader of RAWA. Storia Delle Donne, 4(1), 21–34. https://doi.org/10.13128/SDD-2810

Abstract

In questo contributo di Friba, una donna afghana membro di RAWA (The Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), si ricostruiscono la vita e le lotte di Meena, la fondatrice dell’associazione. Fin dal 1973 Meena aveva maturato la decisione di battersi per i diritti delle donne e contro ogni forma di tirannia. Influenzata da autori come Ashraf Dihquany e da personaggi di donne resistenti come Jamila Bopasha e Giovanna d’Arco, ma soprattutto dalle resistenti afghane Malalai Maiwand e Rabia Balkhi, dal 1976 studia alla Facoltà di Legge Islamica della Università di Kabul. Nello stesso 1976 sposa un leader di un’ala clandestina di sinistra della Afghanistan Liberation Organization, che verrà imprigionato nel 1979. Nel 1977 pone le basi di RAWA, con lo scopo di dare finalmente voce alle donne afghane, di lottare per i loro diritti all’educazione, alla tutela legale, alla salute e alla libertà, liberandole dalla violenza e dalla povertà, e al tempo stesso per la democrazia, l’eguaglianza, la giustizia sociale e la laicità. Attraverso le varie fasi del calvario afghano, Meena si batte per diffondere RAWA fra le donne. La sua personalità forte e determinata le conquista molte simpatie e adesioni, ma la repressione del regime è durissima. Meena porta avanti la sua attività politica, affrontando duri sacrifici, soprattutto per le ripetute e prolungate separazioni dalla figlia. Nel 1981 fonda un giornale in Persiano e Pashtu «Payman e zan» (Messaggio della donna). Intanto Meena riceve riconoscimenti a livello internazionale e partecipa a incontri in varie città europee. Nonostante le gravi minacce rivoltele dai fondamentalisti islamici, rientra in patria, ma sarà poi costretta a rifugiarsi in Pakistan (prima a Peshawar poi a Quetta) per l’intensificarsi del pericolo di essere arrestata dal regime. Anche dall’esilio Meena continua il suo lavoro per RAWA, raggiungendo importanti risultati sia nelle relazioni con altri movimenti libertari, sia nel contrasto alla penetrazione delle organizzazioni fondamentaliste nei campi profughi, sia nell’assistenza a donne e bambini rifugiati, sia nell’istituzione di scuole, di laboratori e di un ospedale, benché non avesse la possibilità di accedere a finanziamenti internazionali, a differenza dei fondamentalisti e di altri partiti afghani. Nonostante la lontananza dalla figlia e la perdita del marito, che nel 1986 verrà sequestrato a Peshawar e ucciso, Meena continua il suo lavoro con fermezza e ottimismo senza lasciarsi abbattere né scoraggiare, limitandosi a prendere alcune precauzioni, che però non impediscono ai suoi nemici di catturarla e farla sparire (grazie anche al tradimento di un parente). Nonostante il tentativo della propaganda afghana di far passare la sua sparizione per un tradimento, viene ben presto provato che Meena è stata catturata, torturata e uccisa da criminali assoldati dal KHAD, il servizio segreto del regime afghano. Ora due alternative si aprono a RAWA: arrendersi al nemico o seguire l’esempio di Meena, continuando a combattere e accettando qualunque difficoltà, fino al sacrificio estremo –come Meena, uccisa a trent’anni nell’agosto del 1987. Tutte le sue militanti hanno scelto questa seconda alternativa, forti della memoria di Meena e del suo pensiero.