Pubblicato 2003-06-30
Parole chiave
- France,
- Municipal Elections,
- Local Government
Come citare
Abstract
L’organizzazione degli enti locali comunali creata dalla Rivoluzione Francese è stata mantenuta in Francia per più di due secoli senza subire ritocchi significativi. Ancora oggi esistono 36.532 comuni le cui dimensioni variano da meno di 100 abitanti a più di due milioni, se si considera la capitale Parigi. Il fallimento di tutti i tentativi di accorpamento dei comuni in unità più gestibili dal punto di vista dell’amministrazione e dello sviluppo locale, rappresenta una particolarità della Francia rispetto ai suoi vicini europei (Delcamp, 1980). La presenza di un numero altissimo di comuni è però accompagnata da un’alta concentrazione della popolazione, dal momento che i tre quarti dei cittadini francesi vivono nel 2,5% dei comuni. Da questa organizzazione della realtà comunale, emergono due elementi peculiari riguardo all’elezione dei sindaci.
Il primo è il peso della tradizione giacobina tesa all’uniformità e che ancora condiziona l’organizzazione delle elezioni dei 36.532 consigli municipali e dei loro sindaci. Tutti sono eletti lo stesso giorno, con una stessa durata del mandato (sei anni), con scrutinio identico per tutte le municipalità con più di 3.500 abitanti (ossia 2.587 del totale) e tutti hanno le stesse competenze. Una diversa modalità di scrutinio esiste tuttavia, dal 1983, per le tre maggiori città (Parigi, Lione e Marsiglia), senza che peraltro ciò metta in discussione la “sacrosanta” regola repubblicana dell’uniformità della legge elettorale e dei poteri locali. Vedremo perciò, nella prima parte di questo contributo, che questa tradizione giacobina ha contribuito a mantenere l’influenza del sistema politico nazionale sull’elezione dei sindaci.
Il secondo elemento è che le elezioni dei consigli comunali, che a loro volta determinano quella dei sindaci, sono elezioni molto vicine ai cittadini e hanno sempre avuto per questa ragione una forte dimensione identitaria. Fin dalla loro istituzione, da parte dei padri fondatori della III Repubblica, nel 1884, esse sono considerate come un momento importante di rituale collettivo dove avviene ciò che gli storici definiscono «collusione identitaria» tra la Repubblica e la città (Pérès, 1994). Questa dimensione identitaria delle elezioni comunali è oggi riattivata, ed in parte rimodellata, dal processo di decentramento che valorizza una nuova figura di sindaco: da semplice messaggero presso le autorità dello stato, questi si afferma ormai come imprenditore del territorio locale. Di questo tratteremo nella seconda parte dell’articolo